“Out of the Gate” is the first solo album by Alessandro Corvaglia, the unmistakable voice of various bands and projects related to the Italian and international progressive rock such as Delirium, La Maschera di Cera, Hostsonaten and Mr. Punch. His career is full of records that contributed to define the coordinates and the sound of the third millennium Italian prog, but all this still lacked a fundamental piece that would allow him complete artistic freedom, an exit from those metaphorical ‘gates’ that until now had limited its expressiveness.

Alessandro Corvaglia has always lived music in a passionate and visceral way, and this aspect fully emerges in this 10-piece collage, written over a 15-year time span (2006-2020), parallel to his usual singer/songwriter activity. Therefore, this is Corvaglia’s definitive opportunity to let off steam on some current issues, such as the tragedies of migrants who died at sea (“Promised land”), the absurd conflicts affecting humanitarian institutions by destroying hospitals or other building structures (“White Ghosts”), cultural and social barbarism fed by ‘bloggers’ (“Preaching on line”), all mixed with autobiographical elements (“Where have I been?”, “… and the Lady Came in”, “Out of the Gate”) and a short visionary journey (“The Night of the Eyes”).

“Out of the Gate” sounds like a ’70s record conceived by musicians who, while capable of composing the most complex of prog-rock suites, concentrate on melody, the power of simplicity and the strength of the arrangements instead; it is no coincidence that the album contains two tributes to guitarist Gordon Giltrap (the unreleased “A Deed within a Dream” and the arrangement of “12 Towers”, a song that Giltrap himself has given to Corvaglia on the occasion of this album): the essence of his compositions is clearly evident here, as well as the influence of the most immediate and ‘catchy’ cuts written by progressive rock bands such as King Crimson, Genesis and Caravan, combined with the expressive charisma of the ex-Marillion Fish; all of that exceptionally blends in the eleven minutes of the ending title track, closing a work full of shades that surprises with every new listening!


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“Out of the Gate” è il primo album solista di Alessandro Corvaglia, inconfondibile voce di numerosi gruppi e progetti legati al progressive rock italiano e internazionale quali Delirium, La Maschera di Cera, Hostsonaten e Mr. Punch. La sua carriera è costellata di dischi che hanno contribuito a definire le coordinate e il sound del prog tricolore del terzo millennio, ma a tutto questo mancava ancora un tassello fondamentale, che gli consentisse completa libertà artistica, un’uscita da quei metaforici ‘cancelli’ che fino ad oggi ne avevano limitato l’espressività.

Alessandro Corvaglia ha sempre vissuto la musica in maniera passionale e viscerale, e questo è un aspetto che traspare in maniera evidente in questo collage di dieci brani, scritti in un arco temporale di circa quindici anni (2006-2020), parallelamente all’attività di cantante/songwriter all’interno di altre formazioni. Ecco allora l’occasione definitiva per sfogarsi su alcuni temi attuali, come le tragedie dei migranti morti in mare (“Promised land”), gli assurdi conflitti che colpiscono istituzioni umanitarie distruggendone ospedali o strutture (“White Ghosts”), l’imbarbarimento culturale e sociale alimentato dai ‘blogger’ (“Preaching on line”), il tutto mescolato a una parte autobiografica (“Where have I been?”, “…and the Lady came in”, “Out of the Gate”) e un piccolo viaggio nel visionario (“The Night of the Eyes”).

“Out of the Gate” suona come un album concepito negli anni ’70 da musicisti che, pur capaci di comporre la più complessa delle suite prog-rock, si concentrano sulla melodia, la potenza della semplicità e la forza degli arrangiamenti; non a caso l’album contiene ben due omaggi al chitarrista Gordon Giltrap (l’inedito “A Deed within a Dream” e l’arrangiamento di “12 Towers”, brano donatogli dallo stesso Giltrap in occasione di questo disco): lo spirito delle sue composizioni è qui ben evidente, così come quello degli episodi più immediati e ‘orecchiabili’ di ‘mostri sacri’ del rock progressivo quali King Crimson, Genesis e Caravan, unito al carisma espressivo dell’ex-Marillion Fish; il tutto è sublimato negli undici minuti conclusivi della title-track, che chiudono un lavoro ricco di sfumature capace di regalare sorprese ad ogni nuovo ascolto!